Quando Osvaldo transitava nelle sue vicinanze, lei gli chiedeva con insistenza: «Mi spiega per favore cos’è la mafia? Lei, che è siciliano, dovrebbe saperlo!» oppure chiedeva: «Ma la mafia esiste davvero? Ma è vero quello che scrivono i giornali?»
A forza di sentire sempre la stessa domanda, Osvaldo si rese conto del danno che la mafia fa a tutti i siciliani onesti, in Sicilia e fuori. Perché gli sembrava che, nell’immaginario collettivo della gente del Nord, un siciliano nasce già mafioso, come se la mafia fosse un gene maligno trasmissibile di padre in figlio.
Invece bisogna sapere che dentro la Sicilia c’è un’altra isola poco conosciuta o dimenticata: quella dei siciliani onesti, che in patria e nel mondo, si sono distinti nel lavoro, nelle arti, nelle professioni, nelle università, nella finanza e negli studi. Uomini encomiabili per la capacità d’iniziativa e per la loro capacità di affermarsi. Questi siciliani hanno onorato la propria isola in Italia e nel mondo.

Ottavio Pressimone è nato a Nicosia parecchi anni fa e vi ha fatto recentemente ritorno dopo aver vissuto e lavorato a Milano e Vimercate. Dopo un lungo silenzio, questo è il suo terzo romanzo: in precedenza ha pubblicato Le Memorie di don Eusebio (2000) e Il paese dei due Cristi (2001) entrambi con ExCogita.